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Il Sigillo del Politecnico

Il Sigillo del Politecnico di Bari
Brevi note a cura del Senato Accademico del Politecnico
Attilio Alto, Rettore; Salvatore Dierna, Presidente del Comitato Tecnico Ordinatore della Facoltà di Architettura;
Bruno Maione, Preside della Facoltà di Ingegneria; Vittorio Mastroviti Direttore Amministrativo.
Febbraio 1992

Il sigillo del Politecnico di Bari, primo Politecnico del Mezzogiorno, riporta sullo sfondo la pianta di Castel del Monte, simbolo della Puglia dal XIII secolo.
Costruito, al pari degli altri castelli, per durare nel tempo, si staglia imponente alle pendici della Murgia scelta non a caso fra tanti altri luoghi. Esso parla con la sua forma geometrica, elaborata non come "bello", ma come significante. Castel del Monte infatti racchiude nella pianta, costituita dal ripetersi dell'ottagono, il suo significato.
Nel linguaggio esoterico l'otto è il simbolo dell'infinito orizzontale e verticale e perciò è il simbolo dell'autorità universale, ma è anche, per gli oracoli sibillini, l'altro mondo nel quale si realizza l'assoluta perfezione, e, per la tradizione cristiana, il simbolo della resurrezione, cioè del momento in cui si ricomincia.

Questo monumento, come è noto, rappresenta il punto d'incontro di un insieme di componenti culturali: bizantine, arabe, romane, nordiche, che ruotavano tutte intorno alla complessa figura di Federico II di Svevia.
Egli fu il grande imperatore che, animato da una forte ansia di sapere, seppe riunire alla sua corte uomini di cultura di ogni corrente del suo tempo - latina, greca, ebraica, cristiana e musulmana - in una visione scevra da qualsiasi pregiudizio. E un Politecnico, come struttura universitaria della creazione del sapere e della sua trasmissione, non può non ispirarsi a tale visione culturale fortemente integrata.

Tutto ciò che la cultura e la volontà dell'Imperatore affidarono a questo "libro di pietra" è ancora intatto e aspetta di essere letto, esattamente come il sapere, la ricerca, mai compiute, sempre tese a nuove scoperte in un cammino che sa di eterno. In questo castello furono racchiusi e sapientemente fusi i valori matematici astronomici, geografici e geometrici dei tempo, espressione di quell'integrazione culturale, così sapientemente realizzata, che è anche la meta delle tensioni ideali dell'Oggi.

Di questa ricerca geometrica danno testimonianza nel sigillo i due quadrati posti reciprocamente a 45°, la cui area comune di sovrapposizione genera l'ottagono (figura geometrica ricorrente) che circoscrive la pianta del castello, nel cerchio luogo degli otto punti dei vertici dei suddetti quadrati, si evidenzia una stella a otto punte, riferimenti cardinali della rosa dei venti che, sia in senso geografico, sia nel traslato senso culturale, esprimono l'aspirazione del Politecnico. Giova ricordare infine i "Fedeli d'amore" e l'Amor Sapientiae, i guerrieri normanni che rendevano forse omaggio, come corte di Federico, alla donna amata, la Sapienza. Forte è qui il collegamento alla poesia dantesca della quale si avrà modo di parlare a proposito del motto.

Queste parti del simbolo, dalle quali emergono significati di perfezione e complessità, ambiguità e mistero, certezza e creatività, ricerca sui valori del passato e propensione al futuro, si armonizzano, in felice contrapposizione, con le altre parti che completano lo stesso.

Campeggia al centro del sigillo un leone bicorporato, la cui simmetria è evidente, dettata forse da necessità legate al fatto che i due corpi si sviluppano a mò di fregio sui due lati convergenti di un capitello, al cui spigolo trovasi la testa del leone che guarda l'altare della cripta della Basilica di San Nicola. Da sempre infatti il leone è il simbolo della luce, è l'animale solare (solare come la pianta del castello e della stella di cui s'è parlato); è anche simbolo di resurrezione e vittoria. Concetti che si ricollegano ai significati del numero otto, della raffigurazione del momento in cui si ricomincia. Ma il leone riunisce in sé anche il duplice riferimento al sole ed all'acqua, cioè a due elementi solo apparentemente contrapposti perché entrambi fonte di vita, il sole e la terra, immagine evocatrice di un rapporto non dialettico ben sì sinergico fra scienza e società da cui la prima nasce e nella quale si cala.

Doveroso e denso di significati il richiamo alla città di Bari, attraverso il riferimento alla cripta della Basilica di San Nicola. La nostra città infatti, dopo oltre 70 anni dall'istituzione della prima Università statale, si è vista riconoscere il suo ruolo di guida nello sviluppo, pur articolato e complesso, della Regione e di gran parte del Mezzogiorno con l'avvio del Politecnico.

La consapevolezza di essere al crocevia fra un passato pregno di storia e cultura e un futuro già delineato, ma ancora inesplorato, e ben sintetizzata nel richiamo al verso dantesco dal quale è preso il motto.

I sigilli delle Università sono tutti caratterizzati da un motto latino che richiama, in modo più o meno efficace, i valori universali della cultura e la loro continuità nel tempo. Ciò non a caso. Per secoli il latino è stata la lingua dei dotti, l'unico veicolo per trasmettere ai posteri le conquiste e lo spirito del tempo. A questa regola non si è sottratto nemmeno il pensiero scientifico, se è vero che un grande innovatore come Isaac Newton nello scrivere i suoi "Principia" seguì questa tradizione.

L'uso della lingua italiana per il nostro sigillo non rispecchia certo la volontà di andare a tutti i costi contro corrente. Piuttosto, almeno inizialmente, la scelta è stata motivata dalla constatazione che la traduzione in latino del vocabolo Politecnico di chiara derivazione greca avrebbe comunicato un senso di artificiosità.

Fatta la scelta, bisognava recuperare quel carattere universale proprio della lingua latina e la sua straordinaria capacità di far rivivere, rendendoli attuali, secoli di storia e di cultura. Quest'esigenza non poteva essere soddisfatta altrimenti se non riferendosi a Dante Alighieri ed alla sua "Divina Commedia", opera di sintesi sublime dei valori della cristianità e dello spirito millenario della lirica, dell'epica e della tragedia classica.

Nell'universo dantesco, popolato di figure mitiche, di papi ed imperatori, di santi e peccatori, è sembrato che la figura di Ulisse, la sua morte e gli elementi simbolici del suo ultimo viaggio potessero ben rappresentare alcuni valori di cui il Politecnico si fa portatore.

Non ci si riferisce all'interpretazione romantica della figura di Ulisse, visto come uomo che infrange i tabù in nome della curiosità, dell'ansia di sapere e dello spirito di avventura, ma ad altri elementi: il famoso incitamento di Ulisse ai compagni:

Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza

rende quest'uomo, maestro di inganni, condannato al supplizio dei fraudolenti, il simbolo stesso del rigore morale ed il testimone di quella scintilla di divino che è in ciascuno di noi.

Questi versi immortali sarebbero certo bastati a dare una sintesi della missione del Politecnico di Bari. Infatti, quale altro scopo può prefiggersi un educatore ed un ricercatore, se non quello di "seguir virtute e canoscenza"? Tuttavia la potenza evocativa dei versi successivi, quando Ulisse, convinti i compagni a proseguire, narra:

e volta nostra poppa nel mattino, de' remi facemmo ali al folle volo

riassume lo spirito di quelli precedenti e lo esalta nell'ansia insopprimibile di volare verso il cielo e la perfezione.

È stato anche scritto che in questi versi stupendi aleggia sempre vivo il mito di Icaro e con esso il richiamo e la suggestione simbolica di un'antica leggenda, che sebbene variamente interpretata, esprime sempre il medesimo concetto. 

Un'ultima osservazione. Dal motto del sigillo sono scomparse le parole conclusive "il folle volo". Poco importa se sia stata un'esigenza grafica a determinare la scomparsa o, piuttosto, il timore che l'aggettivo "folle" fosse frainteso. Resta il fatto che, secondo la critica corrente, il concetto di follia si fonda sul concetto morale di eccesso proprio non solo di Dante, ma della cultura romanza.

Se è così, il motto del Politecnico contiene un messaggio molto attuale sui limiti e sui pericoli della scienza e della tecnologia. A questo proposito Francis Bacon, nell'opera "La saggezza degli antichi", commentando il significato del mito di Icaro scrisse: Le arti meccaniche hanno un uso ambiguo e possono servire sia a prevenire sia a produrre il male e la distruzione; così che la loro virtù si dissolve e si vanifica

In un mondo sempre più esposto ai rischi di azioni sconsiderate da parte dell'uomo, Ulisse sembra metterci in guardia dagli eccessi. Del resto questo carattere bifronte di arte, scienza e tecnologia costituisce una questione centrale del nostro tempo che dovrebbe essere sempre viva nella nostra coscienza e nel nostro operare.

Il sigillo del Politecnico di Bari è stato progettato tecnicamente e graficamente dallo Studio De Liso